1943-07: 26 – Le vicende di Conselice

26.07.1943 - Le vicende di Conselice

Distruzione simboli fascisti, assalto alla Casa del Fascio, repressione sul Ponte della Bastia.

Anche a Conselice l'annuncio della destituzione di Mussolini produsse generali scene di entusiasmo. Occorre tener presente che in quel territorio l'antifascismo aveva salde radici e poteva contare su una efficace struttura organizzativa facente capo al Partito Comunista Italiano, compresa una stamperia clandestina che serviva di fatto, con volantini, giornali, ecc., l'intera provincia di Ravenna e persino le zone limitrofe. Conselice, pertanto, costituiva una realtà politicamente forte nella denuncia delle malefatte del fascismo ed il Partito Comunista, ad onta della dura repressione fascista, vi era ben radicato. Animatore ed organizzatore del PCI conselicese era Giorgio Rocca ("Marcello"). Con lui devono essere senz'altro ricordati Ennio Cervellati, Amos Bedeschi ("Lino"), Giovanni Felicetti, Innocenzo Bertocchi, Guido Buscaroli, Battista Mengoli, Elide Cenacchi, i fratelli Dario e Alfredo Negrini e Giacomo Dovadola ("Bertoni"), i fratelli Anselmo e Arturo Gadoni ed il socialista Paolo Fabbri.

In tale situazione di diffuso antifascismo, era inevitabile che la caduta del duce fosse accolta con particolare esultanza. Alle manifestazioni di gioia si accompagnarono anche a Conselice atti di legittima ritorsione contro i più noti fascisti locali, molti dei quali, peraltro, avevano già provveduto a dileguarsi. Il podestà e il segretario politico del fascio poterono abbandonare il paese incolumi solo grazie alla mediazione dei carabinieri e dell'arciprete Francesco Gianstefani. Quindi ebbe inizio il prelievo, dalle abitazioni degli squadristi, delle divise, dei fez, dei gagliardetti e delle sciarpe littorie, che, con i ritratti del duce e gli altri simboli del regime, finirono distrutte dai manifestanti. Nel primo pomeriggio del 26 luglio una folla considerevole si riversò sulla piazza principale, innanzi alla Casa del Fascio presidiata in armi in pugno dai carabinieri. Per niente intimiditi, i dimostranti (fra i quali anche molti provenienti dalle campagne limitrofe) riuscirono, anche in virtù dell'intervento di Don Gianstefani, ad eludere la guardia dei militari e, divelta la porta dell'edificio, vi penetrarono in massa, demolendo tutti i simboli dell'odiato regime ed asportando o disperdendo tutta la documentazione esistente. Nel complesso, bisogna dire che le dimostrazioni popolari si contennero nei limiti, senza mai trascendere in forme di vendetta esasperata. La sera del 26 i conselicesi organizzarono anche, in forma di parodia, un "corteo funebre del fascismo" e, con tanto di auto funeraria, si piazzarono davanti alla chiesa invitando Don Gianstefani a parlare. Il parroco aderì all'invito. Nella sua "omelia", egli non soltanto informò i cittadini circa le gravi misure restrittive adottate dal nuovo governo in materia di ordine pubblico, ma riconobbe loro, che pur avendo subito vent'anni di soprusi e di angherie, di aver tenuto un comportamento civile e moderato.

Martedì 27 luglio si aprì come un giorno festivo: nessuno si recò al lavoro, gli uffici, comprese le sedi dei sindacati, restarono chiusi. La gente sostava nella piazza principale o si riversava nei locali pubblici per commentare gli sviluppi della situazione. Nel vuoto di autorità che si era venuto a creare, un gruppo di cittadini di diversa estrazione si costituì in comitato provvisorio in modo da procedere alla gestione dell'emergenza. L'indomani, 28 luglio, stando al racconto di una testimone oculare, la signora Trentina Lelli - detta Adolfa - di Conselice, i conselicesi si radunarono, insieme ad altri manifestanti provenienti dalle zone circostanti, a Lavezzola, decisi a recarsi a Ravenna per dare vita ad un'importante manifestazione antifascista. Così si ricordava un altro protagonista, Angelo Tozzi: "Ci radunammo a Lavezzola con 28 camions pieni di donne, ragazzi, giovani, giovanissimi con bandiere tricolori, una marea di popolo festante fino al delirio. Partimmo tutti in fila, quando sul Ponte della Bastia, prima di voltareverso Ravenna, fummo fermati dai carabinieri e da soldati dell'esercito" [1]. Il primo camion, che si trovava in testa alla colonna, proveniva appunto da Conselice. Come ebbe svoltato a destra sulla Statale 16 (la Reale), in direzione di Ravenna, fu immediatamente bloccato da una fittissima sparatoria. Molti manifestanti rimasero colpiti, tra questi la stessa Trentina Lelli, ferita gravemente ad una gamba (che le sarebbe stata amputata). Così, la cieca repressione del governo Badoglio si fece sentire, col suo carico di sangue e di dolore, anche nella Bassa Romagna, sul Ponte della Bastia.

(Giannetto Gaudenzi, Le calde giornate di fine luglio 1943 a Lugo, Massa Lombarda, Conselice e Cotignola, Centro Stampa Comune di Lugo 2005)

La ricostruzione dei fatti si basa in parte sulle testimonianze raccolte da Giannetto Gaudenzi il 30 aprile 2002 presso il Municipio di Conselice, presenti la signora Trentina Lelli, suo marito Preti, il dott. Ivo Ricci Maccarini, Adriano Guerrini ed il sindaco di Conselice Nerio Cocchi.

 

[1] In: Angelo Francesco Babini, Giovecca. Anche qui è nata la resistenza, Graficoop, Bologna 1980, pag. 245