Spedale dei poveri di Cristo, Lugo

Lugo, Spedale dei poveri di Cristo

detto Spedale della Croce. Era situato in contrada Codalunga (attuale Corso Matteotti).

 

 

Nel 1534 G. Antonio Rainieri, nel suo testamento, dichiarava suoi eredi universali i poveri di Cristo, le vergini orfane prive di sostentamento e i pellegrini che, per raggiungere luoghi santi a Roma o in altri santuari, si fossero fermati a Lugo, specificando che dovevano essere accolti con carità ed e, se ammalati, mantenuti fino a completa guarigione.

Il volere del testatore era quello di trasformare le sue due case, poste nella strada di Sant’Agostino, in contrada Codalunga (attuale corso Matteotti), in ospitale con annessa relativa chiesa di Santa Croce. La chiesa dello spedale venne dotata di un unico altare e fu terminata solo dopo il 1730[1]. Rainieri nominò amministratori ed esecutori testamentari gli ufficiali della Compagnia dei Crocesegnati, eretta nella cappella di Santa Croce all’interno della chiesa di San Francesco[2], i quali si trasferirono, subito dopo la costruzione definitiva, nella nuova chiesa oratorio di Santa Croce.

La compagnia era composta da trentasei confratelli, provenienti dalle più ricche e potenti famiglie di Lugo, che, ogni tre anni, eleggevano tra di loro due ufficiali amministratori, responsabili della gestione dell’ospedale assieme a due revisori dei conti, nominati però dal vescovo di Imola. I confratelli indossavano una cappa bianca con croce rossa ricamata sul petto, come lo stendardo esibito durante le funzioni civili e religiose[3]. Le fonti storiche rimandano l’origine della confraternita all’istituzione del Tribunale dell’Inquisizione (1253) che venne fondato per difendere la fede cattolica e sostenere gli inquisitori francescani, che governavano e dirigevano la confraternita, già attivi nella lotta agli eretici. Il legame con l’ordine francescano si conservò nei secoli, infatti la confraternita, attiva a Lugo dal XIV secolo, godeva dell’ausilio di un cappellano francescano e sottostava alle volontà del vescovo di Faenza. La confraternita si serviva anche dell’ausilio di uno spedaliere che aveva funzioni di custode e di sorvegliante, con l’importante ruolo di distinguere dall’aspetto i veri dai falsi pellegrini.

Lo spedale vantava una discreta condizione economica grazie alle rendite dei fondi rustici e urbani e dei capitali fruttiferi, proficue erano infatti le entrate derivanti dalla vendita dei prodotti dei poderi come: legna, frumento, fava, orzo, lino, canapa, miglio, cicerchia, noci, fagioli, uva bianca e gialla. Ai poveri venivano distribuiti generi alimentari di propria produzione, denaro, zoccoli in inverno e, in prossimità del Natale e della Pasqua, si dispensava pane ai poveri e agli stessi confratelli, sebbene non indigenti. In occasione della festa dell’Esaltazione della Croce (14 settembre) veniva elargito a sorte denaro a dieci zitelle povere di Lugo.

Nel 1841 la confraternita cedette in perpetuo l’uso del locale, che in passato serviva per il ricovero dei poveri e pellegrini, agli Orfani di San Filippo Neri; nel 1860 le rendite dello spedale furono destinate ai poveri e alle puerpere indigenti. Successivamente, nel 1891, la Congregazione di Carità, per mancanza di fondi, ne deliberò la chiusura.

 

[1]  Il Rossi, nella sua guida, sottolinea la presenza dell’ampio salone, al primo piano, arricchito dal soffitto ligneo a cassettoni con ornati barocchi,
       dipinto dal lughese Girolamo Rondinelli nel 1628.
[2]  Furono nominati, in veste di amministratori in seconda, i Confratelli della Madonna, che sarebbero subentrati in caso di inadempienze
       della Compagnia dei Crocesegnati.
[3]  I confratelli partecipavano a tutte le processioni precedendo tutte le altre confraternite e recando, al centro della compagnia,
       uno stendardo bianco con una croce rossa.

 

 

(Fonte: Sonia Muzzarelli, Gli Spedali e le Confraternite nel Territorio Lughese, Centro Stampa dell’Azienda USL della Romagna, Ravenna, 2014)

Bibliografia: vedi scheda specifica