1200-01: 1 – Fondazione a Lugo dello Spedale di S.Maria del Limite

1200_Fondazione a Lugo dello Spedale di S.Maria del Limite

Chiamato anche dell’Umido, dal luogo in cui fu fondato che, anticamente, era il capo inferiore della contrada del Limite.

 

 

Nel 1200, in via del Limite, oggi corso Garibaldi, fu fondato da alcuni lughesi riuniti nella Compagnia dè Devoti di Maria, lo spedale[1] con annessa chiesa della Madonna, chiamato successivamente Santa Maria del Limite o dell’Umido, dal luogo in cui fu fondato che, anticamente, era il capo inferiore della contrada del Limite.

Lo spedale era una delle fabbriche più belle e sontuose di Lugo e serviva “per l’indigenza dè miserabili…e li poveri infermi sì Lughesi, che forestieri[2]”. Ad esso era annessa la chiesa di Santa Maria del Popolo dove erano sepolti i morti dello spedale. La curia di Imola aveva affidato la gestione di quest’ultimo alla Confraternita dei Devoti di Maria, regolamentandone dettagliatamente le attività e controllando l’amministrazione delle finanze, che consistevano in rendite attive, fondi rustici e urbani censi e in una farmacia concessa in affitto. La compagnia era composta da trentatrè confratelli, sovraordinati da un priore[3], vestiti di sacco e cappuccio di tela color bianco, legato al fianco da cordone con fiocco di seta. All’altezza del cuore a destra recavano l’immagine mariana dentro un ovale di rame dipinto ad olio.

In osservanza degli ordini vescovili, dal 1260, lo spedale disponeva di un cappellano per il servizio religioso, un medico, un chirurgo, un flebotomo, incaricato del servizio della bassa chirurgia, numerosi servitori[4] e infermieri, un padre spirituale per la cura religiosa dei ricoverati e un massaro[5]. Lo spedale si occupava della cura dei malati e dei feriti, esclusi i cronici e i venerei[6], riceveva i militari feriti o infermi di qualunque genere di malattie dietro versamento di una retta giornaliera[7], ammetteva anche i non poveri e forestieri sempre dietro il pagamento di una retta giornaliera ed elargiva diverse opere di pietà in relazione alle proprie disponibilità finanziarie: allevare gli esposti, sposare fanciulle[8], dispensare elemosine e distribuire gratuitamente ai poveri e ai cronici alcune medicine a domicilio. Tutti gli uomini e le donne ricoverati nello spedale vestivano con berretta bianca e con gabbanella a forma di mezzo saio di tela bianca. Nel 1672 la fabbrica dello spedale si arricchì di una spezieria, sita in corso Garibaldi, al piano terra.

Dopo diversi rifacimenti, finalizzati a riunire in questa fabbrica, che prese il nome di Ospedale Maggiore, i diversi spedali di Lugo, nel 1768 fu avviato il progetto attualmente visibile, su disegno di padre G. Petrucci. La ricostruzione dello spedale rilevò un maggiore riguardo all’estetica e alle forme architettoniche, piuttosto che alla funzionalità e alle regole igieniche, fondamentali in un luogo di cura e assistenza[9]. Nel 1862 l’amministrazione passò sotto la responsabilità della Congregazione di Carità di Lugo, composta da un presidente e da otto membri.

Lo spedale cessò la sua attività nel 1900 in concomitanza con l’apertura dell’Ospedale Umberto I.

 

[1]  “ …una Casa solida e ragguardevole perché questa servisse di ricovero ai poveri infermi sia di Lugo che forestieri.”
       (Manzoni Giovanni, Premessa alla storia della Fondazione Sassoli di Lugo di Romagna, Walberti, Lugo, 1981, p. 32)
[2]  Bonoli Girolamo, Storia di Lugo ed annessi. Libri tre. Opera del P. Maestro F. Girolamo Bonoli Lughese, definitore perpetuo
       né minori conventuali di S. Francesco della provincia di Bologna, Archi, Faenza 1732, p. 313
[3]  Nel 1414 il vescovo di Imola ordinò ai Confratelli la rievocazione, durante il Giovedì Santo, della lavanda dei piedi e l’elargizione
       di elemosine ai poveri. Al termine della funzione, il priore dispensava ad ogni confratello medaglie, corone, quadretti con fanti e simili,
       come forma di devozione.
[4]  Il personale dello spedale comprendeva un magazziniere, un bidello, un farmacista e un aiuto farmacista, una cuciniera,

       una lavandaia e un portinaio.
[5]  Nell’Italia centro-meridionale, il termine è stato largamente usato per indicare il mezzadro o fattore che presiede all’amministrazione
       e coltivazione di poderi.
[6]  L’esclusione dei cronici e venerei si rendeva necessaria a causa della poco florida condizione finanziaria dell’Ospedale.
[7]  Nel 1866 la retta era pari a L. 1,06.
[8]  Per ricevere la dote le aspiranti zitelle dovevano essere povere, oneste e prossime ad accasarsi.
[9]  Numerose furono le lamentele dei sanitari che si susseguirono incessanti fino al 1880, quando in accordo con la Cassa di Risparmio,
      fu deliberata la costruzione del nuovo edificio ospedaliero.

 

(Fonte: Sonia Muzzarelli, Gli Spedali e le Confraternite nel Territorio Lughese, Centro Stampa dell’Azienda USL della Romagna, Ravenna, 2014)

Bibliografia: vedi scheda specifica