1943-07: 26 – Il quadro generale

26.07.1943 - Il quadro generale

Le ordinanze inerenti alle misure di ordine pubblico emanate dai Comandi militari

subito dopo la destituzione di Mussolini.

La caduta del fascismo e di Mussolini furono annunciate al popolo italiano con un comunicato radiofonico la sera del 25 luglio 1943, alle ore 22.45. A tale comunicato ne seguiranno altri due; il primo di re Vittorio Emanuele III, il quale annunciava di avere riassunto il controllo della forze armate, il secondo del maresciallo Badoglio (designato dallo stesso sovrano a succedere al duce caduto in disgrazia), il quale assumeva il governo militare del Paese. Il primo atto di Badoglio, avvenuta l'investitura, fu purtroppo, l'annuncio funesto che “la guerra continuava”. Il Paese, ancora una volta, martoriato dalle vicende della guerra e dalla disfatta militare sui vari fronti, si trovò innanzi ad una drammatica ed improvvisa decisione che non prevedeva l'avvio di una svolta politica né la fine della scellerata alleanza militare con la Germania hitleriana e la cessazione della guerra, ma, al contrario, inaspriva la situazione. La caduta del regime mussoliniano riconfermava, da parte del re e delle caste militari imperanti, la volontà di continuare come se niente fosse accaduto; anzi, si assistette ad una recrudescenza di divieti e di violazioni delle più elementari regole della convivenza civile. Fu instaurato il coprifuoco e venne dato l'ordine di contrastare con qualsiasi mezzo, quindi anche con il ricorso alle armi, ogni manifestazione popolare.

Si trascrivono di seguito alcuni punti delle ordinanze inerenti alle misure di ordine pubblico emanate subito dopo la destituzione di Mussolini dai Comandi Militari. Il Comando Supremo ordina che qualsiasi dimostrazione sia dispersa col fuoco senza preavviso. Non saranno conseguentemente in alcun modo tollerati gli assembramenti di piazza e le colonne di dimostranti, verso le quali non si agirà più con i cordoni delle truppe, con il semplice movimento di autoblinde e carri armati, con le intimazioni e gli squilli, ma si procederà immediatamente – senza preavviso – col fuoco delle armi. È pertanto indispensabile: 1) che la popolazione si astenga in modo assoluto da dimostrazioni a carattere patriottico con bandiere ed evviva. Il proprio patriottismo deve essere presentemente manifestato con l'ordine, con la disciplina e col lavoro; 2) che sia assolutamente evitato da parte di curiosi, donne e ragazzi di unirsi alle eventuali riunioni o colonne di dimostranti, perché da ciò può dipendere la loro vita; 3) che gli operai riprendano compatti il lavoro e non si lascino indurre da caporioni o istigatori di disordine a dimostrazioni di qualsiasi genere che – in base agli ordini impartiti – saranno inesorabilmente represse con le armi. [1]

Sulla falsariga dell'ordinanza del Comando Supremo, anche il Comando Difesa Territoriale di Bologna, alle dipendenze del generale di Corpo d'Armata comandante A. Terziani, assumeva la responsabilità della tutela dell'ordine pubblico nel territorio delle provincie di Bologna, Modena, Ferrara, Rovigo, Ravenna, Forlì, Pesaro, Ancona. Si riportano alcuni punti di quella ordinanza: Sono vietate nei luoghi pubblici od aperti al pubblico, ed in qualsiasi ora, le riunioni di più di tre persone; sono vietati gli spettacoli teatrali, di varietà, cinematografici, sportivi e simili; i pubblici esercizi (ristoranti, trattorie, caffè, bar, osterie, ecc.) saranno chiusi per la durata del coprifuoco ed in ogni caso dal tramonto all'alba, ossia dalle ore 20,30 alle ore 5,30; è vietata la circolazione di autoveicoli (autovetture, autocarri, motocicli) e di motoscafi, tranne per le necessità dei servizi pubblici e militari. [2]

La premessa espressa nel manifesto del Comando Territoriale muoveva anch'essa dall'appello al sentimento di patriottismo della popolazione ed alla rettitudine e coscienza di tutti i cittadini, confidando che ciascuno non mancherà di dare il proprio concorso morale e materiale per la conservazione dell'ordine. Rappresento ad ogni modo – concludeva il generale Terziani – che è mio preciso intendimento di mantenere l'ordine ad ogni costo, ricorrendo, se necessario, a tutti i mezzi di cui dispongo. [3]

Del medesimo tenore la circolare emanata dal capo di Stato Maggiore dell'esercito generale Mario Roatta. Nel ribadire l'uso indiscriminato delle armi e senza alcun preavviso contro ogni forma di protesta e di manifestazione, essa incitava i reparti preposti alla repressione a mantenere “grinta dura et atteggiamento estremamente risoluto” e, all'articolo 6, esplicitamente affermava “non est ammesso il tiro in aria: si tira sempre a colpire come in combattimento” [4]. Questo folle intento di repressione antipopolare voluto dal re e dal governo Badoglio portò i suoi tragici risultati. Nei cinque giorni successivi alla caduta di Mussolini si contarono 83 morti, 308 feriti ed oltre 1500 arresti.

In questo drammatico contesto, è doveroso sottolineare che i giornali locali (in primo luogo “Il Resto del Carlino”) non fecero, nonostante il cambio redazionale, alcun cenno ai fatti che ebbero luogo a Lugo, Massa Lombarda e Conselice nell'arco delle giornate dal 26 al 29 luglio 1943 e che comportarono la morte di Silvio Poggi Pollini a Massa Lombarda e vari feriti in tutte e tre quelle località. A conferma di questo silenzio, è oltremodo interessante come la stampa locale descrivesse quegli avvenimenti. Così il “Carlino” del 1° agosto 1943, alla cronaca di Lugo, in un articolo dal titolo Disciplina e Lavoro:

Dopo le entusiastiche manifestazioni dei giorni scorsi, la calma è tornata in città. Gli stabilimenti, i negozi, gli uffici, hanno ripreso la loro normale attività ed i lavoratori sono tornati fiduciosi e sereni alle loro occupazioni consci della gravità dell'ora presente. La disciplina non deve venire meno fra i cittadini. Ognuno al proprio posto di lavoro. È questo un ordine e un dovere. Del resto in città non si sono lamentati incidenti degni di nota. Le ordinate manifestazioni, che si sono verificate nelle giornate di martedì e mercoledì, hanno legittimato una spontanea dimostrazione di fiducia e di attesa negli avvenimenti, sancendo il diritto alla libertà dei popoli. Ieri il ritmo degli affari ha ripreso in pieno e si è notato come i cittadini siano ritornati alle loro occupazioni con aumentata intensità e presenza.

Ancora una volta, l'abitudine alla menzogna e alla censura che aveva caratterizzato l'infame periodo fascista, era fatta propria dai “nuovi” responsabili dell'informazione con il richiamo strumentale dell'ordine, alla disciplina, al dovere civico. Le gravi restrizioni alle libertà personali (coprifuoco, divieto di assembramento e di qualsiasi manifestazione popolare, uso delle armi senza preavviso contro i dimostranti), si erano concretizzate, nella giornata di martedì 27 luglio a Lugo e Massa Lombarda, e in quella di mercoledì 28 a Conselice/Lavezzola (Ponte della Bastia), in un morto e diversi feriti. Nonostante ciò, si ebbe un completo allineamento della stampa all'ondata di repressione antipopolare. I fatti luttuosi che si erano verificati furono perciò del tutto ignorati, mentre traspariva, nell'insistente richiamo alla calma, alla civica consapevolezza, al senso di responsabilità dei probi cittadini, una stucchevole retorica patriottarda.

(Giannetto Gaudenzi, Le calde giornate di fine luglio 1943 a Lugo, Massa Lombarda, Conselice e Cotignola, Centro Stampa Comune di Lugo 2005)

 

[1], [2], [3]   Il Resto del Carlino, 29 luglio 1943
[4]  Giorni di Storia, L'Unità, 26 luglio 2001