1943-07: 27 – I fatti di Massa Lombarda

27.07.1943 - I fatti di Massa Lombarda

Assalto a Villa Ricci Signorini e uccisione di Silvio Poggi Pollinini

da parte dello squadrista Luigi Dal Pozzo.

A Massa Lombarda la mattina del 26 luglio ebbe inizio con una manifestazione corale di entusiasmo per la caduta della dittatura fascista, mentre divampava la rabbia popolare contro i caporioni del fascio locale. Si aprì così una specie di “caccia al fascista”, con tanto di ceffoni e – per una sacrosanta legge del contrappasso! - bastonature, di cui fecero le spese soprattutto i dirigenti del sindacato nero, che più di tutti avevano contribuito, durante il ventennio, a creare un clima di sopraffazione e d'intimidazione a danno dei lavoratori. In prima fila, in quella protesta, le donne; anche in ragione dell'alta percentuale di maestranze femminili nelle industrie agroalimentari della cittadina. Da più parti, tuttavia, già nel corso di quella giornata, si udiva dire che nella villa dell'agrario fascista Battista Ricci Signorini, disabitata per l'assenza del proprietario, si era asserragliato un manipolo di fascisti intransigenti, decisi a vender cara la pelle, guidati dal famigerato squadrista Luigi Dal Pozzo.

Il giorno seguente, martedì 27 luglio, la massa dei lavoratori (nel frattempo accresciuta dall'affluire degli operai agricoli provenienti dalle aziende limitrofe), con alla testa i più autorevoli esponenti dell'antifascismo locale, si recò verso la Villa Ricci Signorini, decisa a snidare Dal Pozzo o chi per lui senza alcuna condizione. La tensione era altissima. Il maresciallo dei carabinieri, comandante della locale stazione dell'arma, rivolse invano a Dal Pozzo l'invito a desistere da ogni azione di forza o di resistenza. Di fronte all'ostinazione dello squadrista, i manifestanti penetrarono senza indugio nel giardino della villa e di qui nell'edificio stesso. Vi era, con i manifestanti Silvio Poggi Pollini di Conselice, pescivendolo, abituale frequentatore del mercato settimanale di Massa Lombarda, conosciuto come un fervente antifascista. Messosi alla testa dei dimostranti, Poggi Pollini raggiunse infine una botola da cui si accedeva alla soffitta ove si trovava nascosto Dal Pozzo. Forzò quindi la botola, ma, come questa cedette, Dal Pozzo gli sparò a bruciapelo, uccidendolo. Anche altri compagni, fra i quali Pietro Monti, rimasero feriti. Seguì un attimo di sbandamento fra i dimostranti, che arretrarono, anche perché convinti che con Dal Pozzo vi fossero anche il fratello di lui ed altri fascisti. Il maresciallo dei carabinieri si prodigò ammirevolmente per convincere Dal Pozzo a mettere fine alla sua delittuosa posizione e a deporre le armi. Intanto, alcuni dei dimostranti, armati di fucili da caccia, aprirono il fuoco contro il nascondiglio dello squadrista. Tutto invano. Dal comando dei carabinieri fu pertanto avanzata la richiesta di intervento di forze militari che impedisse la perdita di altre vite umane. La richiesta fu indirizzata al comando del 135° reggimento di artiglieria autotrainata di stanza nei pressi di Cotignola. Nel volgere di poche ore, giunse dunque a Massa Lombarda una colonna autotrasportata di militari. Nell'avvicinarsi alla villa, il tenente che comandava quel reparto non intimò a Dal Pozzo alcuna richiesta di resa; anzi, nel procedere al disinnesco della sicura di una bomba a mano, ne provocò 1navvertitamente lo scoppio, ferendosi gravemente ad una mano e ferendo altresì in modo serio alcuni manifestanti (tra cui Rino Mazzolani e Arturo Boldrini) e lo stesso maresciallo dei carabinieri. L'ufficiale e gli altri feriti furono ricoverati d'urgenza all'ospedale di Lugo. A quel punto, fu un cittadino di Massa Lombarda a prendere in mano la situazione con un atto decisivo. Mi riferisco a Domenico Cassani (che dopo la liberazione avrebbe lavorato alla Camera del Lavoro di Lugo e avrebbe ricoperto un ruolo di dirigente dei Coltivatori diretti), tenente dei bersaglieri in licenza. Senza esitare oltre, Cassani, sebbene vestito in borghese, si presentò ai militari dell'autotrasporto qualificandosi come ufficiale in attività. Diede l'ordine di staccare dall'autocarro un obice da 100/22 e lo fece puntare contro la villa, da dove Dal Pozzo continuava a sgranare il suo rosario di pallottole contro i dimostranti. Cassani ordinò di sparare un primo colpo, che però non raggiunse il segno (il proiettile, fortunatamente senza esplodere, finì addirittura vicino all'asilo infantile di Sant’Agata sul Santerno). Ma un secondo colpo centrò in pieno il nascondiglio di Dal Pozzo, aprendovi una larga breccia. Dal Pozzo si affacciò allora in quel varco con le mani alzate in segno di resa. Come si profilò la sagoma del fascista, Cassani ordinò di aprire il fuoco contro di lui con una mitragliatrice. Lo squadrista assassino cadde crivellato di colpi: non si trovò alcun falegname disposto a costruire la bara e nessuno ne seguì la salma al cimitero, eccetto una donna. Finito l'incubo, l'attenzione dei lavoratori e dei cittadini si concentrò alla cura dei feriti leggeri e alla pietosa composizione delle spoglie dello sfortunato Poggi Pollini, il quale col suo sacrificio, unito a quello degli altri patrioti italiani rimasti uccisi in quegli stessi giorni negli scontri con le forze dell'ordine, aveva scritto il proprio nome nel libro glorioso della Resistenza contro il fascismo [1].

Giannetto Gaudenzi, Le calde giornate di fine luglio 1943 a Lugo, Massa Lombarda, Conselice e Cotignola, Centro Stampa Comune di Lugo 2005, pagg. 15-16

 

[1] Ricostruzione basata sulla raccolta il 21 settembre 2001 in un incontro avuto a Massa Lombarda da Giannetto Gaudenzi con il sig. Ivo Antonellini, dirigente dell’ANPI locale, e due testimoni oculari, i sigg. Raffaele Cantalupi e Domenico Zardi, residenti entrambi a Massa Lombarda.