Durante la prima Guerra Mondiale non esistevano in Italia specifiche direttive del governo volte a onorare i Caduti in battaglia e a garantirne una sepoltura dignitosa e perpetua, tuttavia un provvedimento immediato, nel corso o subito dopo le operazioni belliche, era necessario. Questo consistette nell'identificazione dei soldati caduti e nella loro tumulazione in improvvisati e precari cimiteri di guerra - situati nella zona del fronte - che solo parzialmente potevano assolvere questa funzione.
Alla fine della guerra, fu evidente la necessità di dare un assetto più stabile e dignitoso alle sepolture dell'enorme numero di Caduti. A questo scopo, fu istituita nel 1919 la Commissione Nazionale per le Onoranze ai Caduti con un Ufficio Centrale a Udine, sotto la guida del colonnello Vincenzo Paladini, poi a Padova, nel 1927, sotto il comando del generale Giovanni Faracovi. L'attività di questo Ufficio si proponeva di recuperare le salme dei soldati caduti dispersi, di accertarne l'identità e di localizzare i cimiteri di guerra situati nella fascia di territorio dallo Stelvio al Carso, teatro della Prima Guerra mondiale nel settore italiano. I risultati del lavoro svolto evidenziarono un gran numero (2876) di piccoli cimiteri disseminati lungo la linea del fronte, una parte dei quali mostrava, nelle sepolture, i segni di una estemporanea realizzazione dettata dall'urgenza della guerra in atto e, in tutti, era evidente l'assenza di un'organizzazione che assicurasse per ogni tomba uguale decoro, dignità, e cura che ne garantisse la durata nel tempo.
Sulla base di queste considerazioni si ritenne opportuno sopprimere gran parte dei cimiteri di guerra rilevati, riesumarne le salme, identificarle e trasferirle in sedi più agevoli e di maggiore capienza. Ma questo riordinamento era solo un primo passo verso la sistemazione definitiva e perpetua delle salme nei monumentali sacrari degli anni '30 del novecento, voluti, anche per ragioni economiche e politiche, dal regime fascista. La realizzazione dei grandi sacrari programmati (Redipuglia, Udine, monte Grappa, ecc.) garantiva la sepoltura monumentale, perpetua e dignitosa dei Caduti con un peso economico di manutenzione delle strutture inferiore a quello prevedibilmente necessario per la cura separata di ogni singola tomba, ma soprattutto questa soluzione assicurava al regime la costante disponibilità di larghi spazi e ampie strutture architettoniche facilmente raggiungibili, atte ad accogliere cerimonie celebrative, pellegrinaggi e altre manifestazioni che contribuivano a esaltare l'epopea della vittoria e della guerra stessa attraverso la glorificazione dei Caduti.