3_Il cuore dei pilastrini: le targhe devozionali

Il cuore dei pilastrini: le targhe devozionali

Legata alla sacralità dell'edicola votiva è l'immagine devozionale in essa contenuta.

 

 

Intrinsecamente legata alla sacralità dell’edicola votiva è l’immagine devozionale in essa contenuta. Generalmente rappresentata da una targa o da una scultura a tuttotondo appositamente realizzata, l’immagine devozionale è destinataria delle preghiere dei fedeli e nella sua evoluzione storica e artistica è racchiuso il senso proprio dell’edicola come emblema di religiosità popolare: per questo motivo d’ora in avanti col termine “edicola sacra” e relativi sinonimi intenderemo indicare la struttura architettonica e l’immagine ad esso connessa. Le edicole devozionali vere e proprie “si distinguono da altre immagini o strutture devozionali di carattere privato, per la volontà di dar luogo a un monumento destinato ad una fruizione pubblica”, [1] anche qualora questo rappresentasse la commemorazione di un evento privato.

Questa fruizione pubblica non è sottolineata esclusivamente dalla loro locazione, ma anche dalla scelta dell’immagine che essi custodiscono. È stato detto che “la distinzione tra immagine di devozione e immagine di culto è resa dinamicamente possibile dall’intervento della categoria della popolarità” [2], è infatti attraverso il manifestarsi dell’attenzione collettiva che un’immagine di culto può divenire popolare e quindi essere riprodotta e diffusa come oggetto di devozione privata; allo stesso modo è per pura forza popolare che un’immagine della devozione privata può venire accolta ufficialmente in area ecclesiastica come oggetto di pubblico culto[3], dal momento che dà vita per sua stessa natura a manifestazioni rituali non solenni, che però richiamano la partecipazione della collettività all’intorno.

La sua popolarità si esprime nella sostanziale limitatezza di archetipi stilistici: molto di rado infatti, l’immagine sacra della targa è un’immagine originale, è al contrario prassi delle maestranze artigiane ricopiare su ceramica scene e figure tratte da incisioni a stampa, in cui la scelta del soggetto è in gran parte affidata alla committenza. E’ facile notare come normalmente questa prediliga immagini tratte dalle devozioni locali o archetipi iconografici particolarmente noti. Il grande rilievo che la targa ha avuto nel paesaggio urbano e rurale ovviamente respinge l’esclusività di cause prettamente tecniche, come il principio di “riproducibilità”, e comporta una riflessione sul “ricorso all’archetipo” come carattere proprio della prospettiva popolare di religiosità: come ogni altra immagine devozionale la targa si propone infatti non come “strumento” o “metodo di devozione”, ma come semplice “oggetto” o “affermazione radicale di religiosità” [4].

Come osserva Maria Cecchetti, [5] la targa non descrive il processo proprio dell’arte “alta”, in cui l’autore esprime all’interno dell’opera la sua individuale concezione del mondo, ma viceversa un prodotto artistico che risponde ad un “significato” univoco, precostituito, nei confronti di ogni considerazione filosofica e teologica.

Ecco che si rivela quindi particolarmente interessante l’analisi degli archetipi che dominano la scena artistica della zona esaminata.

  1. Beata Vergine del Molino di Lugo
  2. Madonna del Fuoco di Forlì
  3. Madonna del Fuoco di Faenza
  4. Beata Vergine delle Grazie di Faenza
  5. Beata Vergine del Piratello di Imola
  6. Madonna del Bosco di Alfonsine
  7. Madonna del Monticino di Brisighella
  8. Madonna dei Sette Dolori
  9. Vergine Immacolata
  10. Madonna del Buon Consiglio
  11. Madonna del Carmine o del Carmelo
  12. Madonna del Rosario
  13. Beata Vergine dell’Arginino
  14. Beata Vergine di San Luca di Bologna
  15. Madonna Patrona di Fusignano

 

Purtroppo in molti dei pilastrini catalogati le targhe originarie non sono più presenti, vittime del tempo o più facilmente del valore commerciale che le ha rese ambite prede dei ladri. Sono state il più delle volte sostituite da targhe ceramiche del tutto simili, talvolta da più povere immagini a stampa. Alcuni manufatti poi sono stati spostati, a causa di incidenti stradali o perché d’ostacolo ai mutamenti urbanistici, e solo dalle testimonianze dei locali possiamo ricostruirne la locazione originaria. Tutto ciò concorre a rendere più difficile l’analisi iconografica delle targhe devozionali, anche perché occorre specificare che coloro i quali venerano questi oggetti talvolta sono inconsapevoli delle implicanze iconografiche nascoste dietro ad ogni immagine, ma spesso sono loro stessi, siano gli artigiani, i committenti, i proprietari, i devoti ecc, a decidere esplicitamente tramite un’iscrizione la sua denominazione, indipendentemente dalle caratteristiche iconografiche e talvolta in relazione non all’immagine stessa ma alla provenienza. Escludendo difatti i culti più diffusi, facilmente riconoscibili anche da chi non ha un’approfondita cultura storico-artistica o religiosa, per i veri fruitori delle edicole devozionali un’immagine della Madonna, qualsiasi sia il suo appellativo, è semplicemente un’immagine mariana, e poco importa che in un’altra località la stessa immagine venga venerata con un nome differente.

[1] E.Morigi, Le edicole devozionali. La terminologia, le forme, la fruizione, in (a cura di) E.Morigi, B.Venturi, Edicole devozionali del territorio ravennate. Comuni di Alfonsine, Bagnacavallo, Ravenna e Russi, Longo Editore, Ravenna 2004, p.17

[2] A.Vecchi, Il culto delle immagini nelle stampe popolari, p.39, Firenze 1968

[3] M.Cecchetti, Targhe devozionali dell’Emilia-Romagna, Silvana Editoriale, Milano, 1984, p.35

[4] A.Vecchi, Il culto delle immagini…, cit. p.23

[5] M.Cecchetti, Targhe devozionali..., cit.p.41 

 

Ilaria Danesi