Il Sacrario Militare di Caporetto, altresì detto Sacrario di Sant’Antonio, è situato sul colle Gradič (o colle di Sant’Antonio), che si eleva sulla conca di Caporetto (Kobarid), nella Slovenia occidentale, al confine con l'Italia. Vi si accede attraverso una strada ai margini della quale sono disposte le stazioni della Via Crucis. Nell’Ossario furono trasportate le salme di 7014 soldati italiani, noti e ignoti, caduti durante la Prima Guerra Mondiale, prelevate dai cimiteri di guerra dei dintorni. I loro nomi sono incisi in lastre di serpentina verde. Ai fianchi della scalinata centrale sono disposti i loculi contenenti i resti di 1.748 militi ignoti.
La costruzione dell’Ossario (ad opera dello Stato italiano, a cui allora apparteneva quella regione) iniziò nel 1936 e terminò nel settembre del 1938. Fu inaugurato da Benito Mussolini. I progetti sono dello scultore Giannino Castiglioni e dell’architetto Giovanni Grappi. Ha forma ottagonale ed è costituito da tre gradoni concentrici degradanti verso l’alto. Al culmine si trova la chiesa di Sant’Antonio da Padova, consacrata nel 1696.
Il sacrario militare di Caporetto, anche se la sua gestione è affidata allo Stato Italiano, è l’unico che non si trova sul suolo italiano poiché tutti gli altri resti dei soldati italiani caduti in terra slovena furono traslatati agli ossari di Redipuglia e di Oslavia. Caporetto è appartenuta al Regno d’Italia dal 1920 al 1947, prima di essere annessa alla ex Jugoslavia e successivamente (e definitivamente) alla Slovenia.
La battaglia di Caporetto venne combattuta durante la Grande Guerra tra il Regio Esercito italiano e le forze austro-ungariche e tedesche. Lo scontro, che iniziò alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917, rappresenta la più grave disfatta nella storia dell'esercito italiano. Con la crisi della Russia dovuta alla rivoluzione, Austria-Ungheria e Germania poterono trasferire consistenti truppe dal fronte orientale a quelli occidentale e italiano. Forti di questi rinforzi, gli austro-ungarici, con l'apporto di reparti d'élite tedeschi, sfondarono le linee tenute dalle truppe italiane che, impreparate a una guerra difensiva e duramente provate dalle precedenti undici battaglie dell'Isonzo, non ressero all'urto e dovettero ritirarsi fino al fiume Piave. La sconfitta portò alla sostituzione del generale Luigi Cadorna, che aveva imputato l'esito infausto della battaglia alla viltà dei suoi soldati, con il generale Armando Diaz. Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva prima battaglia del Piave riuscendo a difendere ad oltranza la nuova linea difensiva.
Da segnalare, nel centro storico di Kobarid, il Kobariški Muzej (aprile/settembre 9.00/18.00, ogni giorno - ottobre/marzo 10.00/17.00, ogni giorno) che descrive due anni e mezzo di combattimenti statici, in particolare la 12a battaglia sul fronte isontino. Gli oggetti esposti, i grandi rilievi dei monti vicini, il ricco materiale fotografico e la proiezione multimediale raccontano la storia dei giorni difficili e sanguinosi, trascorsi lungo il fiume di Soča. Gli avvenimenti descritti si intrecciano con le vicende e i ricordi delle personalità famose, come Ernest Hemingway ed Erwin Rommel.
(Fonti: www.difesa.it, luoghi.centenario1914-1918.it)