Dalmonte Ida

Dalmonte Ida

Lugo 1 aprile 1884 - Cotignola 30 gennaio 1945

 

Dalmonte Ida in Rava, detta "L'Ida d'Sarnér", di Antonio e di Bassi Assunta, nata a Lugo il 1° aprile 1884 e residente a Cotignola in Via D'Azeglio n.23, pollivendola. Era una donna industriosa ed attiva, che non sopportava l'inazione a cui la cosstringevano le vicende belliche e che, forse l'insofferenza per questo stato di cose la spinse verso il suo tragico destino.

Ma lasciamo la parola a suo figlio Losis Rava (residente a Sant James - New York) descrivere gli ultimi atti di vita di sua madre: "Era quella una giornata di sole e la luce si era fatta più chiara, quasi brillante per il riflesso della neve caduta in quei giorni. Dopo il pranzo decisi di fare visita ad un mio amico, che teneva bottega da barbiere  nelle vasche sotterranee della Cantina Mecati. Salutai mia madre, che mi accompagnò alla porta e mi raccomandò di non allontanarni troppo e di non assentarmi a lungo. Mi abbracciò e mi baciò. Allora più che mai questi gesti erano abituali, poiché ogni distacco poteva essere definitivo, ogni partenza non avere ritorno. Ricordo che nel suo saluto, nelle sue raccomandazioni colsi una nota di tristeza, un senso di stanchezza. Avuto il mio taglio di capelli nella cantina di Mecati, decisi di far visita a Vittorio Zanzi, ospite nella casa di Negrini (ex casa Altini). Mentre stavamo conversando, un concitato bussare alla porta annunciò una visita inaspettata: in fondo al lungo e buio corridoio apparve la figura agitata di Don Stefano che, vedendomi, corse ad abbracciarmi, annunciandomi che a casa mia erano cadute alcune granate e che mia madre... Non udii altro, se non che era all'Ospedale e là la trovai sul freddo marmo nella camera mortuaria. Che cosa era accaduto? Mia madre, dopo avermi salutato, era andata nel rifugio della casa di Antonio Emiliani, dove eravamo sfollati, ma, insofferente del chiuso e della penombra rischiarata dall'incerta luce di una lucerna fumigante, ne era tosto uscita, affermando che sarebbe andata all'aperto a godersi, almeno per un attimo, la luce del sole. Sostando nel piazzale antistante, si era appena accomiata da un medico di passaggio, col quale aveva scambiato i saluti ed alcuni convenevoli, quando una scarica di colpi di mortaio si abbatté sul selciato di cemento, che moltiplicò l'effetto micidiale delle deflagrazioni. Solo una serie di scoppi e un grido. Al grido di mia madre, mio padre corse fuori, ma poté unicamente cogliere l'ultimo respiro. Erano le ore 16,45 del 30 gennaio 1945".

(da "Notiziario Cotignolese", supplemento al n.2 di "Cotignola Oggi" del 01/04/1985, pag.3 e 4)