Lori Terzo

Lori Terzo

Alfonsine 4 luglio 1913 - Biserno di Santa Sofia 12 aprile 1944

 

Emigrato in Francia con la famiglia, lavorò in miniera dall’età di 14 anni e a 18 fu protagonista del grande sciopero dei minatori di Lilla. Rientrato in Italia su richiesta del Partito Comunista, durante il servizio di leva, cui era stato richiamato nel 1935, per aver manifestato le sue idee antifasciste venne arrestato e condannato al confino nell’isola di Ventotene, dove incontrerà personalità quali Sandro Pertini, Umberto Terracini e Giorgio Amendola. Con l’aiuto degli altri confinati, il giovane operaio si mise a studiare e, quando cadde il fascismo e riacquistò finalmente la libertà, Terzo Lori aveva completamente maturato la sua preparazione politica.

Liberato dopo il 25 luglio 1943 a seguito della caduta del governo fascista, dopo l’armistizio dell’8 settembre entrò nella Resistenza, contribuendo alla formazione della Brigata Garibaldi Romagnola, operante nell'appennino tosco-romagnolo, che arriverà a contare nella primavera del 1944 oltre 1.000 uomini.

A seguito di contrasti di natura strategica e politica tra il suo comandante Riccardo Fedel (Libero) ed il Comitato Militare di pianura (diretta espressione del PCI), la Brigata Garibaldi Romagnola venne trasformata in una Divisione suddivisa in tre Brigate più piccole (il Gruppo Brigate Romagna) e “Libero” sostituito al comando da Ilario Tabarri (Pietro Mauri). Pochi giorni dopo, nell’aprile del 1944, prese avvio una vasta operazione di rastrellamento nella valle del Bidente, nel quadrilatero Premilcuore-Pennabilli-Sansepolcro-Consuma, condotta da oltre 2.000 militi fascisti della G.N.R. ed SS tedesche della Divisione “Hermann Goering” con l’utilizzo di mortai e di mezzi blindati.

Scarsamente armati, i partigiani subirono pesantissime perdite: alla 1ª Compagnia della 1ª Brigata, comandata da Amos Calderoni e di cui Terzo Lori era commissario politico, venne affidato l'incarico di resistere ad ogni costo presso Biserno (frazione di Santa Sofia), per dar tempo al grosso dei partigiani di sganciarsi, superare l'accerchiamento e tentare l'attacco del nemico alle spalle, per poi riprendere i contatti con il comando, che restava nella zone di Strabatenza e Rio Salso, vicino a Bagno di Romagna. Il piano però non funzionò, anche se la disperata difesa che costò la vita a Terzo Lori consentì di guadagnare il tempo necessario ai compagni per mettersi in salvo, permettendo ad alcuni dei superstiti di riformare assieme ad altri patrioti il Battaglione “Ravenna” che - aggregato nel Gruppo di combattimento “Cremona” nel 1945 - continuerà a combattere fino alla Liberazione. Lori mandò una staffetta al Comando, con un messaggio che si concludeva così: “Resisteremo fino all'ultimo. Permetteremo a voi la ritirata, perché qui i traditori non passeranno, finché un uomo sarà in grado di sparare.”

Dopo il tragico epilogo degli scontri di Biserno di Santa Sofia, un reparto della 28ª Brigata Garibaldi “Mario Gordini”, operante nel ravennate comandata da Alberto Bardi (Falco), prese il nome di "Distaccamento Terzo Lori". Fu questa, con ogni probabilità, l'unica formazione partigiana “anfibia” della Resistenza italiana ed è oggi ricordata, su quel che resta dell’«Isola degli Spinaroni», da una targa in mosaico. Sul “Distaccamento Terzo Lori”, il giornalista Sergio Zavoli ha girato (per la serie “Diario di un cronista”) un documentario dal titolo “L'armata delle valli”. Il Comune di Alfonsine ha intitolato una strada al suo valoroso cittadino.

Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria con la seguente motivazione:

“Commissario di guerra di una compagnia partigiana, alla testa di quaranta compagni, organizzava la resistenza di un posto avanzato per ritardare la marcia di una grande unità tedesca. Attaccato da forze preponderanti, rispondeva col fuoco delle poche armi di cui disponeva alla massa di fuoco nemico, riuscendo con la sua indomita passione ad infervorare i compagni, che valorosamente seppero tener fronte alla travolgente avanzata dell'avversario. Ferito una prima volta, non volle abbandonare il suo posto di combattimento e, nel momento in cui era per essere sopraffatto dal nemico, levatosi in atto di suprema sfida, cadeva mortalmente colpito da una raffica di mitraglia, trovando negli spasimi dell'agonia la forza di rivolgere il suo ultimo saluto alla Patria.”