I Domenicani arrivarono a Lugo sul finire del ’400. Giunti nella città, essi ebbero in custodia la chiesa della Beata Vergine del Molino, ma costruirono anche la chiesa e l’annesso convento di S. Domenico sul terreno donato loro dalla comunità nel 1492 sul fondo Cento, ad ovest della Contrada del Limite [l’attuale Corso Garibaldi].
All’inizio si accontentarono di una Vicaria che poteva ospitare quattro frati, poi il convento, arricchito del chiostro (1521) poté ospitare dodici religiosi. La chiesa di S. Domenico fu consacrata dal vescovo d’Imola nel 1508; era a tre navate, con la cappella maggiore non completata e mancante del coro, degli scanni e del pavimento (e con l’abside aggiunta solo cento anni dopo). Nel 1568 fu edificata la torre campanaria a pigna che, come dice il Bonoli, «è la più bella d’ogni altra a Lugo», mentre la cappella maggiore e il coro furono terminati nel 1578, il pavimento nel 1581 e gli scanni nel 1583. Sempre nel corso del ’500 Andrea Relencini costruì la cassa dell’organo.
All’interno dell’edificio erano custodite numerose reliquie, che erano state donate nel 1572 da monsignor Vincenzo Cisoni, vescovo di S. Agata dei Goti (Benevento). Le migliorie attuate dai frati erano indice di consolidamento del loro potere economico; alla loro ascesa certamente non fu estranea la salita al soglio pontificio di Pio V, appartenente al loro ordine religioso.
Nel 1648 si costruì una via diretta d’accesso alla chiesa, strada comunemente detta “carrara di S. Domenico”, corrispondente al primo tratto di Via Compagnoni, che univa la piazza antistante la chiesa – l’odierna Piazza Marsala – all’attuale Corso Garibaldi. Nel 1599, a spese della Comunità, fu fatta fondere la campana grande.
Col terremoto del 1688 crollò la volta centrale della chiesa. Fino al ’700 non si hanno più notizie dell’edificio, ma è certo che durante questo secolo i frati si adoperarono per mantenere e migliorare l’assetto della loro chiesa. Per dare più luce all’interno vennero aperte due porte nella facciata in corrispondenza delle navate laterali (1776), mentre risale alla metà del ’700 l’intervento in questa chiesa di Benedetto Dal Buono al quale sono attribuite diverse opere pittoriche. Nel 1784 la ditta di Reggio Emilia “Carlo Ruffini” fuse tre campane per la torre campanaria.
Dopo il 1796 l’intero complesso domenicano fu sequestrato ai frati e passò sotto il Demanio della Repubblica Cisalpina, per poi ritornare all’Ordine dopo la Restaurazione. I Domenicani abbandonarono definitivamente Lugo nel 1860 quando l’intero complesso fu nuovamente requisito dall’appena sorto Regno d’Italia. Iniziò lo smembramento e la vendita dei beni – comprese le campane – che erano stati loro sequestrati. Il convento fu trasformato in caserma, mentre la chiesa fu adibita a magazzino, mantenendo questa destinazione fino a quando, la sera del 26 dicembre 1944 rimase completamente distrutta nel corso di un bombardamento alleato; di lei non resta oggi che il bellissimo campanile seicentesco.
Dalla chiesa di S. Domenico provengono una lunetta in marmo divisa in tre pezzi, che si trovava sul portale, raffigurante La Madonna col bambino, S. Giovanni e un angelo, (già attribuita a Mino da Fiesole), ora custodita in Rocca sopra la porta da cui si accede alla Sala Giunta e all’ufficio del Sindaco, mentre sono conservate presso le raccolte comunali della Biblioteca Trisi due statue in marmo, una raffigurante S. Domenico, opera di Bernardo Rossellino del 1461 proveniente dallo smembrato altare Sacrati nella chiesa di S. Domenico a Ferrara, l’altra raffigurante S. Paolo, di fattura veneta (XV secolo), oltre a una tavola raffigurante La Madonna col Bambino e i Ss. Caterina d’Alessandria, Agostino e Domenico (1557), opera di Giulio Tonducci.
Una curiosità: durante il regno napoleonico dal chiostro del convento si accedeva alla “scuola” della massoneria lughese.
Paolo Gagliardi
Fonti
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GADDONI padre SERAFINO (o.f.m. – Ordine dei Frati Minori), Le chiese della diocesi di Imola, vol. III, Imola, Galeati, 2008, pag. 7;
GIORGIO MARTINI, Benedetto Dal Buono (1711-1775), Imola, Editrice Il Nuovo Diario Messaggero, 2020, pagg. 9, 67, 118, 120