Martoz, nome d’arte di Alessandro Martorelli, membro del collettivo Lab.Aquattro, è nato ad Assisi nel 1990. Fumettista, illustratore e street artist è attivo nell’ambito dell’autoproduzione sia con progetti personali (Parade, Crisma) che collaborazioni (B Comics, Squame, Lucha Libre, Inuit, Hoochie Coochie). Nel 2015 realizza Remi Tot in STUNT il suo primo libro a fumetti per MalEdizioni. Come illustratore collabora con Illustratore Italiano e Associazione Illustri. Ha realizzato murales per diversi festival e associazioni. Ha esposto i suoi lavori a Los Angeles, New York, Parigi, Mosca, Napoli. Vive a Roma.
Con La mela mascherata (2017, Canicola edizioni) si è aggiudicato a Treviso il Boscar per il miglior fumetto per bambini/ragazzi, nell’ambito del Treviso Book Festival, uno dei principali appuntamenti nazionali per disegnatori e fumettisti: ogni anno vengono assegnati i “Boscar”, statuette intitolate alla memoria del fumettista trevigiano Carlo Boscarato, alle migliori novità editoriali. Il fumetto La mela mascherata è stato realizzato in collaborazione con il Museo Civico “Luigi Varoli” di Cotignola ed è stato presentato in anteprima in occasione di Cotignyork, la città dei bambini “alla cotignolese”.
Ho molti grandi artisti di riferimento, dai più lontani (Stanley Spencer) fino ai vivivegetiesaltellanti (Robert Valley), per non parlare dei mediani appenamorti (cito Pintèr e Toppi di cui ho visto la mostra a Perugia!), a cui sono molto affezionato. Il mio stile lo capisco di giorno in giorno, nel senso che non lo scindo mai dalla mia crescita interiore. Tutto quello che mi succede si ripercuote in maniera diretta sulle curve della matita, sulla pressione che esercita, il suo grado di pazienza. Mi hanno aiutato, nella mia ricerca, il disegno dal vero e il disegno istintuale (per la maggior parte uniti in una cosa sola). Ho sempre bisogno di creare qualcosa di nuovo, che sia la forma di un naso o la gestione delle campiture, e l’unico modo per farlo è partire dal vero e affrontarlo in maniera emotiva, da questo punto di vista devo molto al mio “maestro” Riccardo (Mannelli). Credo -inoltre- che si tratti, per questo rapporto col vero, di un iperrealismo difficile da digerire; credo che zoom diversi sulla stessa figura, muscoli anatomicamente interpretati fin quasi all’invenzione, volti deformati che esprimono emozioni misconosciute, siano un qualcosa di verissimo e sperimentabile, che tutelino il ventaglio stupefacente di possibilità che offre l’universo. Io non ci vedo nulla di bizzarro, per farla breve. In questa mia passeggiata nel disegno ho sempre tenuto un rapporto diretto con l’inconscio (la pentola che ribolle), il che l’ha resa a tratti uno sforzo sfibrante. Insomma, quando disegni con sincerità qualcosa rimane sul foglio e tu procedi con un pezzetto in meno da una parte e qualcosa in più dall’altra.