S.Agata, Molinazza

S.Agata, Molinazza

 (1596 – 1597) - Via Provinciale Bastia 86

La “scoperta” della Molinazza risale al 1994. Prima di quell’anno, si sapeva che quell’edificio un po’ particolare, disposto a 45° rispetto alla provinciale Bastia, era stato una casa colonica. Poi una mappa Manzieri del 1765, che ne riportava espressamente il nome a fianco del Santerno verso Ca’ di Lugo, ed il reperimento abbastanza fortunoso di una delibera del Consiglio della Comunità di Lugo del 26 agosto 1593 fecero rompere gli indugi e ritenere che fossimo proprio in presenza della Molinazza. Chi scrive ne diede notizia nel “Giornale di massa” di aprile 1994, raccontando che il proprietario dell’immobile e del relativo terreno di pertinenza, dottor Giancarlo Baruzzi di Lugo, aveva intenzioni ben diverse: se avessimo tardato ancora un mese, non risultando vincoli architettonici, sarebbe stato più semplice demolire piuttosto che operare un restauro conservativo. Nel corso del primo sopralluogo (febbraio 1994) insieme allo scrivente e al dottor Baruzzi era presente l’arch. Gianluigi Gambi, all’epoca funzionario del Consorzio di Bonifica e specialista in materia avendo fatto la tesi di laurea sul Canale dei Molini di Lugo. Chi, meglio di lui, poteva dare un senso ad indizi che occhi normali non sapevano cogliere ed interpretare?

Ciò che era “spiazzante”, nella prima fase di ricerca, era capire come mai fosse stata la Comunità di Lugo a deliberarne la costruzione e non, invece, Sant’Agata sul Santerno, nel cui territorio il manufatto attualmente si trova. La spiegazione venne fuori col tempo: i vecchi confini tra i due Comuni, nel 1593, era ancora situati sulla via Castellaccio. Lo affermano a chiare lettere gli Statuti di Lugo del 1520 (edizione del 1974, p. 64 v), allorché si trova scritto che la «viam castilioni [ossia via Castellaccio], qui dividit iurisdictionem Lugi a iurisdictione Sanctae Agathae, a meridie & a septentrione». È possibile che lo spostamento del confine di un decumano più a valle nell’attuale via Manzone sia avvenuto nel momento del passaggio dalla dominazione estense (conclusasi nel 1598) alla Legazione di Ferrara. Ecco perché fu la Comunità di Lugo a deliberare la costruzione del molino, il quale poteva servire a più villaggi e comunità, inoltre essendo in posizione decentrata metteva in condizione di prevenire i contagi, anche allora piuttosto frequenti. L’arch. Gambi, poi, non escluse che la Molinazza svolgesse più di una funzione: ovviamente di molitura, ma anche di sega da legno, di arrotino e di follatura dei panni, ossia, stando a Wikipedia «un'operazione del processo di finissaggio dei tessuti di lana che consiste nel compattare il tessuto attraverso l'infeltrimento, per renderlo in alcuni casi impermeabile».

Lo studio finora più organico sulla Molinazza è quello che Gambi presentò al Convegno di “Studi Romagnoli”, che si tenne a Lugo nel 2006. Ammetteva lo studioso che l’edificio aveva più la parvenza di una casa colonica, che non di un vecchio molino, fece conoscere un documento dell’Archivio di Stato di Modena dei primi dei Seicento, nel quale si mostrava il disegno di una chiusa a fianco dell’argine sinistro del Santerno e portava all’attenzione dei presenti al convegno la figura di Bartolo Baruzzi di Cotignola, abitante a Lugo, costruttore di chiuse. A farla breve, sembra che a fine 1595 i lavori di costruzione del molino fossero ultimati e che una “gagliarda fiumana” nel 1597 distrusse la chiusa, mai più riparata. In pratica, si ebbero due soli anni di molitura (1596-1597), evidentemente sufficienti al toponimo “Molinazza” per imporsi nella cartografia, che ancora lo riportava nelle mappe settecentesche e per giungere fino ai nostri giorni come sosteneva una donna del luogo, Ines Ricci Mingani (1912-2001), la quale riferiva di un detto in uso presso la popolazione locale secondo il quale quando si voleva dire di qualcuno o di qualche attività che avrebbero avuto vita breve si diceva “e’ durarà coma e Mulinazz” (durerà come la Molinazza), cioè poco. Sarcasmi a parte, nel lavoro di Gambi è citata una memoria del 20 gennaio 1628 (p. 155) che descrive con precisione la casa-molino, oggi utilizzata per cerimonie, matrimoni, cresime, battesimi, ecc. come dichiara il sito www.lamolinazza.it.

Giovanni Baldini

 

Fonti
Giovanni Baldini, Dalle acque del Santerno una cascata di farina?, “Giornale di massa”, aprile 1994, pagg. 16-17;
Gian Luigi Gambi, La Molinazza di Sant’Agata sul Santerno, “Studi Romagnoli” LVII (2006), pagg. 145-168.