S.Agata, Set del film “La Riffa – Boccaccio ’70”

S.Agata, Set del film “La Riffa – Boccaccio ’70”

 (1961) - Via San Vitale, oggi 14, "Osteria del Boccaccio"

Nel 1961, in Bassa Romagna fu girato il film “La riffa”, uno dei quattro episodi che compongono “Boccaccio ’70”, tratto da un’idea di Cesare Zavattini con la regia di Vittorio De Sica. Non è un caso, quindi, che a Sant’Agata sul Santerno, in via San Vitale 14, proprio di fronte al Bar Ristorante Arcobaleno, sorga l’Osteria del Boccaccio, di proprietà di Stefano Pirazzini. In quella che oggi è l’abitazione privata di Stefano, nel ’61 (allora erano residenti i “Casona”, Ceroni), venne girata la scena del bagno di “Cuspet”, il sacrestano, e del talco gettato da sua madre, che così lo preparava a trascorrere una notte d’amore con la Zoe-Sophia Loren, essendo detentore del fortunato numero 68. Non si sa come la troupe scelse quel luogo, il cui interno, a detta dei proprietari, è cambiato poco: solo il camino, che occupava quasi tutta la parete, è stato ridimensionato nel restauro conservativo di una ventina di anni fa.

In buona parte, il film venne girato nella centralissima Piazza Garibaldi a Lugo, rimasta praticamente inalterata a distanza di sessant’anni. Sul lato est della piazza, c’era la “trattoria del Castello”, anticamente detta “osteria del pozzo” (o anche “del pesce”), probabilmente per la presenza di un pozzo, la cui vera è ancor oggi visibile a fianco dell’ingresso del supermercato Crai Pagliuti (ex alimentari “Battaglia”). È lì che vennero riprese per televisione le estrazioni del lotto, sulla ruota di Roma prima, fra l’impazienza degli avventori, e di Napoli poi, nella cocente delusione dei perdenti.

Sul lato opposto della piazza, c’era il “Bar della Lina” (poi “Bar Sonia”). Basta attraversare la via Foro Boario e si è davanti alla caserma dei Carabinieri.

Nelle attuali “ex pescherie della rocca”, venne allestita l’Arena Garibaldi, luogo di musica e ballo, almeno nei mesi di settembre-ottobre, quando fu girato il film.

Le polemiche a stampa montarono ancor prima del ‘ciak’. A dar fuoco alle polveri, fu il settimanale cattolico “Il Messaggero” che, in più di un articolo, stigmatizzò la morbosa attenzione per il sesso e la dubbia moralità di cui il film si faceva portatore. In particolare, non gli andava a genio il modo in cui gli autori presentavano il “popolo di Lugo”. E poi c’è da dire che, ridicolizzando “Cuspet”, ben interpretato dall’attore Alfio Vita (1931-1982), temevano che venisse ridicolizzato l’intero mondo cattolico, che si sentiva così messo alla frusta.

Gli articoli de “Il Messaggero” provocarono irritazione tanto nella stampa di sinistra quanto in quella di centro sinistra. Il corrispondente de “l’Unità” parlò di “ciarle del foglio clericale”, mentre il foglio locale dell’Edera (“la Vedetta”) giudicò ingiustificate ed intempestive le “acute grida di raccapriccio”.

Su “Il Messaggero” del 28 ottobre 1961, a pag. 2, trovò ospitalità pure l’arciprete di Bagnacavallo, sacerdote Giuseppe Cornacchia, il quale smentì pubblicamente quanto “la Vedetta” gli aveva attribuito, cioè di aver concesso l’autorizzazione (che ovviamente non solo non fu concessa, ma che non poteva neanche essere data) a girare la scena della processione in via Mazzini a Bagnacavallo, quando “Cuspet” sviene allorché apprende di essere il vincitore della riffa.

Giovanni Baldini

 

Fonti
Mario Montanari, Una riffa a quattro zampe, “Giornale di massa”, settembre 2001, pag. 16 e Giovanni Baldini, Un ciak qui, un ciak là, ib., pag. 17;
Stampa locale dell’epoca, citata infra testo.