Nato a Lugo il 27 dicembre 1887, emigra con l'intera famiglia a Faenza nel 1897. A Faenza frequenta contemporaneamente il Ginnasio e la Scuola di disegno e plastica del Maestro Antonio Berti, uno degli ultimi macchiaioli. S’iscrive poi all'Accademia di Belle Arti di Ravenna (allievo di Vittorio Guaccimanni e Domenico Miserocchi), dove si diploma nel 1906. Fa parte del Cenacolo di Domenico Baccarini.
Nel 1908 espone alla Mostra Internazionale di Faenza, dove ottiene il suo primo riconoscimento pubblico. Memore della lezione di Segantini, le sue tele sono all'epoca impregnate di naturalismo e simbolismo. Nel settembre 1915 partecipa alla Mostra di arte e beneficienza di Faenza con sedici lavori. Il pastello a colori La madre (poi esposto nel 1918 alla Mostra di pittura pura di Roma e nel 1921 in una mostra di Forlì, dove si merita la medaglia d'oro) è il primo disegno di Toschi che sembra rivelare l'interesse verso il futurismo, che si protrae nella meccanicità del Bimbo malato, nella Nostalgia di casa lontana e in Sera antica, tutti pastelli o gessetti databili al 1916. Tra il 1916 e il 1920 infonde alla sua poetica alcuni principi generali del futurismo: è attratto dai valori dinamici, calati in un lirismo pittorico fatto di "stati d'animo". A parte la conoscenza con Esodo Pratelli, Giannetto Malmerendi, Leonardo Castellani, Roberto Sella e Rezio Buscaroli, l'elemento che lo trascina verso scelte di avanguardia è l'amicizia con Pratella.
Una mostra personale che Toschi apre a Roma nel 1918 con quasi cinquanta opere, intitolata Mostra di pittura pura, è l’evento che solleva l'interesse di Marinetti, cui Toschi era stato presentato da Pratella: vi figurano opere così originali che il leader futurista lo invita alla mostra futurista di Milano organizzata per il 1919. Toschi aderisce con le tele Primavera, Suonatore di liuto, Suonatore di cembalo, L'ora di notte, Donna alla fontana (in catalogo ai numeri 282-286). L'applicazione di moduli futuristi si protrae in alcuni pastelli e carboncini del 1919, dove Toschi è attratto da figure umane che appaiono come ombre immerse in uno spazio di luce e di linee. Ciò appare in tre disegni di tema funebre: le Campane a morto per una giovinetta, le Esequie di un povero e le Esequie di un bimbo, ma anche nel pastello a colori Andiamoci, a mimmi, lontano lontano... (il cui titolo è tratto dalla quarta lirica delle Myricae di Pascoli, Il morticino). Con i pastelli Maternità e Madre e bimbo, collocabili al 1919, si giunge al limite dello sfaldamento della figura nella luce. Ma è col pastello monocromo Il violinista del 1919 che Toschi esprime al massimo grado la sua vicinanza al futurismo, mediante una scomposizione prismatica della figura che appare incardinata su una struttura di linee curve e rette. La fase prosegue con due pastelli circa del 1920: Suonatore di mandolino e La creatura.
Dopo il 1920 si distacca dal modello futurista. Nel 1921 pubblica Pittura lirica, in cui espone una compiuta teoria artistica e dichiara la propria diversità rispetto al futurismo. Quando Gerardo Dottori, suo ammiratore e amico, lo definisce "futurista" (Orazio Toschi futurista di destra, "Futurismo", a. II, n. 33, 23 aprile 1933, p. 2), Toschi ne soffre. Dottori valuta Pittura lirica di Toschi come "uno dei migliori contributi, dopo Pittura e scultura futurista di Boccioni", senza lesinargli la critica di essere troppo legato, col suo lirismo contemplativo, al passato, tanto che Marinetti lo potrebbe anche chiamare "futurista di destra". Pittura lirica segna la deviazione di Toschi verso moduli primitivi e sacrali: il pittore sviluppa una vena mistica e arcaica che nel corso degli anni Trenta evolve verso una compostezza classica.
Prosegue la sua attività come insegnante a Fermo e ad Arezzo nel 1921 dove ricopre incarichi nella corporazione degli artisti ed espone ripetutamente. Nel 1935 viene trasferito a Pistoia. Si stabilisce definitivamente a Firenze nel 1938, dove continuerà ad operare fino alla morte, avvenuta a Firenze il 4 Luglio 1972. Tra il 1959 ed il 1960 si tengono grandi mostre antologiche all’Accademia fiorentina delle arti e del disegno e ai Chiostri francescani di Ravenna. Nel 1967 soggiorna a Parigi, dove viene allestita una sua mostra promossa dalla Camera di Commercio Italiana.
Sue opere sono esposte alla Galleria degli Uffizi e a Palazzo Pitti a Firenze. Numerosissime altre opere si trovano presso collezionisti privati (la massima concentrazione delle sue opere si trova in Emilia Romagna e Toscana, ma sono presenti anche in molti musei di altre regioni d'Italia e all'estero: Londra, Parigi, Anversa, Zurigo, Lugano, Basilea, Berna, Bruxelles, Madrid, Boston, New York, Buenos Aires, Mosca).
È stato scrittore d'arte e collaboratore editoriale. Hanno scritto di lui e della sua arte molti tra i maggiori critici italiani del '900: G.Papini, R.Serra, A.Soffici, A.Maraini, P.Bargellini, G.Marangoni, F.Sapori, U.Ojetti, R.Calzini, M.Biancale, F.Carena, C.Betocchi, E.Mottini, G.Orsini, V.Costantini, D.Valeri, V.Mariani, P.Zama, E.Caioli, E.Allodoli, E.Cozzani, C.Ermacora, G.Bucci, A.Petrucci, G.Gentile, V.Zambon, J.Pelagatti, S.Branzi, G.Dottori, P.Casotti, L.Borgese, R.Biasion, A.Chiari, D.Teti, F.B.Bagatti, F.Balilla Pratella, R.Buscaroli, I.Cinti, M.Campana, V.D'Aste, U.Foschi, G.Colacicchi, A.Margotti, A.Petrucci, O.Toppi, L.Servolini, A.Spallicci, O.Ghetti Baldi, U.Baldini, A.Parronchi, L.Ostuni, F.Gurrieri.